sabato 15 dicembre 2007

I trappisti e le birre - Monastero di Nostra Signora di S. Benedetto in Achel



Storia del monastero

Il monastero di Nostra Signora di san Benedetto di Achel (pronuncia “Ackle”, all’incirca, con una consonante un po’ gutturale, come la ch in loch) si trova nel Limburgo belga, a soli 20 km dalla città olandese di Eindhoven, posta poco al di là del confine fra Belgio e Olanda. Situata a poca distanza dal borgo belga di Hamont, il piccolo villaggio di Achel vede il proprio monastero (AchelseKluis: “il riposo/rifugio di Achel”) sorgere sulle rive del fiume Tongelreep.
Il monastero vede “ufficialmente” la luce nel 1854, ma si hanno notizie che già nel 1656 esistesse nella zona di Achel un luogo di preghiera in cui si riunivano i cattolici di questa parte del Belgio, allora a forte prevalenza protestante; fu così che nel 1686 il monaco Petrus Van Eynatten, proveniente da Eindhoven, vi fondò una comunità di monaci eremiti. I monaci restarono in questo luogo fino a quando la Rivoluzione Francese spazzò via la loro comunità, come successe a molte altre presenze ecclesiali dell’Europa del Nord. La storia di Achel ricomincia dal 1838, quando l’allora abate della non lontana abbazia di Westmalle, su sollecitazione delle popolazioni locali, cominciò a riprogettare la presenza di monaci benedettini nella zona di Merseel. Il progetto andò avanti, con notevole successo, tanto che nel 1845 i locali allora adibiti alla vita dei monaci non risultarono più adeguati e sufficienti. L’abate di Westmalle venne a conoscenza che nel vicino villaggio di Achel erano in vendita i resti di quel convento fondato nel 1686, in quel momento poco più di un rudere adibito ad attività agricole. Nel 1845 la comunità monastica di Westmalle decide di acquistare questa proprietà, che era finita in mani laiche, e nel 1846 (il 19 marzo per la precisione), dopo i primi urgenti lavori di ristrutturazione, i monaci del monastero di Merseel entrano in solenne processione nel piccolo villaggio di Achel, “prendendo possesso” del nucleo rifondato della futura abbazia. I primi abati ridettero progressivamente vigore, solidità e tradizione alla presenza monastica della zona, facendo dell’abbazia di Achel una presenza spiritualmente significativa ed economicamente florida ed autosufficiente.
Il tutto fino agli anni della prima guerra mondiale. Infatti nel 1917 i monaci furono costretti ad abbandonare il monastero (e la fabbrica di birra interna, già attiva dal 1850), sottoposti a bombardamento dai tedeschi. I tedeschi stessi poi provvidero a smantellare gli impianti di produzione e i bollitori di rame per convertirli in materie prime da usare poi per la produzione di guerra. Sono ancora rintracciabili negli archivi della comunità monastica i documenti che provano la requisizione e lo smantellamento degli impianti, dal peso totale di 725 chilogrammi, che vennero poi trasportati a Vivegnis, nella provincia di Liegi. I monaci si rifugiarono in monasteri limitrofi, alcuni in Germania, altri in Olanda, e solo alcuni anni dopo la fine della guerra ritornarono definitivamente nel monastero originario di Achel. Dopo la guerra la comunità di Achel chiese al ministero della guerra belga un risarcimento danni, per ricostruire convento e birreria. Ma siccome l’Abbazia risultava intestata a due Trappisti olandesi, la richiesta venne ritenuta infondata. Il contenzioso si trascinò fino al 1925, anno in cui il governo belga versò un parziale risarcimento.
Ancora più complessa la vita dei monaci durante la Seconda Guerra mondiale: nel 1943 furono costretti ad abbandonare il monastero dietro l’ordine esplicito della Gestapo, che accettò di lasciare solo dieci monaci a controllare il podere agricolo legato all’abbazia. Solo nel 1946, a guerra finita, i monaci di Achel che avevano vissuto nella diaspora a Tegelem in Germania e in altri monasteri belgi rientrarono solennemente in possesso dei resti dell’abbazia e del monastero, duramente provato dagli eventi bellici, e sempre in quell’anno (il 21 di marzo per la precisione) diedero l’inizio ai lavori di restauro e ampliamento del convento, che in quel periodo doveva ospitare più di cento monaci. I risultati di quell’opera di ricostruzione si possono ammirare ancora oggi, e fanno del monastero di Nostra Signora di san Benedetto di Achel uno degli esempi più solenni dell’architettura benedettina in Europa.


Storia della birreria

Quando Achel fu fondata nel 1846 nell’edificio conventuale non era presente, né allora lo si prevedeva, un locale attrezzato per la produzione birraria, e la birra, che i monaci potevano bere in quanto permesso loro dalla Regola, veniva acquistata direttamente da fornitori locali esterni al monastero. Quando però il convento si ampliò e il numero dei frati crebbe, la comunità monastica decise di costruire un birrificio interno, i cui lavori iniziarono solo dopo l’autorizzazione statale arrivata con Regio Decreto del 12 Luglio 1850. La costruzione terminò due anni dopo con la realizzazione della malteria. I primi lavoratori e il primo mastrobirraio erano laici provenienti da fuori del monastero, così come le materie prime: l’acqua per la produzione veniva incanalata al monastero da una condotta sotterranea, che la prelevava dal vicino torrente Tongelreep. La produzione continuò ininterrottamente fino agli anni della prima guerra mondiale, quando, come abbiamo visto in precedenza, gli impianti furono chiusi e smantellati dalle truppe tedesche di occupazione. Visto che le risorse economiche negli anni immediatamente successivi alla guerra non furono sufficienti per ricostruire la birreria smantellata, i monaci da allora provvedettro alla propria sussistenza economica facendo funzionare un podere, con le verdure, i maiali e le mucche da latte. Ma con il passare degli anni, e la scarsità di nuove vocazioni, il lavoro agricolo si rivelò troppo pesante per la comunità di monaci cistercensi ivi presenti, cosicché si arrivò alla deliberazione da parte della comunità di vendere acri di terra per finanziare la ricostruzione della fabbrica di birra. Così, quasi ottanta anni dopo l’interruzione della produzione birraria all’interno del monastero, negli anni ’90 si inizia la costruzione del nuovo birrificio, e nel 1999, sotto la supervisione di padre Thomas dell’abbazia di Westmalle (abbazia “madre” di Achel, cioè quella da cui provenivano i monaci fondatori di Achel stessa) inizia la produzione sperimentale di birra in proprio.

         


Le prime birre prodotte nel 1999, delle quali fu proprio l’abbazia di Westmalle a farsene garante, così come delle materie prime usate, furono 2 bionde e 1 scura, dalla gradazione di 4° e 6°; nessuna di queste fu imbottigliata, ma furono messe in vendita al pubblico alla spina, e poterono essere consumate dai padri al posto della Westmalle dubbel, la sola birra concessa per il consumo giornaliero interno della comunità. Sin da allora, avendone i requisiti necessari, alle birre di Achel fu subito conferito il marchio “Authentic Trappist Product”. Nel 2001 le condizioni di salute di padre Thomas non gli permisero più di supervisionare la produzione birarria di Achel; fu lo stesso abate di Achel a convincere padre Antoine, mastro birraio dell’abbazia di Rochefort (fondata nel 1887 da monaci provenienti da Acel stessa) e in quel momento “in pensione” dopo la sua attività lavorativa proprio ad Achel, a riprendere la propria attività di mastrobirraio, per ”aiutare” le birre di Achel a crescere. E in effetti la produzione di Achel, sotto la sapiente mano di padre Antoine cominciò a prendere quota e spessore: sempre nel 2001 vide la luce la prima triple, e l’anno successivo la Achel bruin 8°, la prima vera grande birra di Achel. Padre Antoine è poi dovuto rientrare a Rochefort, ma tutt’oggi è sempre un membro della comunità monastica di Achel a svolgere la mansione di mastro birraio nel birrificio interno, che ha una produzione annuale di circa 3000 hl. e che non è, chiaramente, visitabile, come tutti gli altri birrifici monastici.

St. Benedictusabdij De Achelse Kluis
De Kluis 1
3930 Hamont-Achel
Tel. 0032 (0) 11 800 760

©Testo Alberto Laschi
© Immagini dal sito web www.trappistbeer.net e dal sito web www.achelsekluis.org



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